Non sono un’esperta di musica, conosco a malapena le sette note e dai miei gusti si capisce che sono una donna del secolo passato, ma si direbbe inizio secolo passato. Sicuramente il Canzoniere Italiano di Marco Morgan Castoldi meriterebbe un commentatore più esperto, qualcuno che capisca come si fa ad aggiungere qualcosa a cinque canzoni datate ’50–’60 stranote e già praticamente perfette. Non so come ci sia riuscito, ma nella sua voce si sente tutta la distanza dei tempi, la nostalgia di un modo di dire “ti amo” che poteva almeno presumere o anche solo sperare essere per sempre; nella voce di Morgan si sente il graffio, la ferita di chi percepisce questo modo come impossibile. E così “Il mio mondo”, “Resta con me “, “Lontano dagli occhi”,” Il cielo in una stanza” , “Qualcuno tornerà” diventano nostre, appartengono da oggi anche al dramma del nostro tempo, alla nostra generazione ammalata di incertezze.
Mi ricordo che nel 2001 andai ad una mostra al Meeting di Rimini e scoprii che gran parte dei quadri di Van Gogh sono in realtà copie fedeli di Millet. Millet, tuttavia, ritraeva una realtà calda e accogliente che gli apparteneva mentre Van Gogh, ne gridava l’inafferrabilità.
In realtà non mi intendo un gran che neanche di pittura, ma la storia mi sembra un po’ la stessa, seppur con le dovute proporzioni.
eh già, con le dovute proporzioni.
vincent aveva l’inferno, dentro.
morgan, magari anche lui ;-)
e si sente, purtroppo (per noi).
p.s.
scusa, avrai capito che non sono una fan.
No, no niente scuse, :-D come ho detto non sono competente, confesso una passioncella specialmente per l’ultimo disco, ma il bisogno di assuluto, ce l’hanno tutti e ciascuno lo esprime come può….
Mi colpisce molto il tuo parlare della nostra generazione malata di incertezze. Io questa generazione la vedo quasi ogni giorno seduta con uno sguardo debole e fiacco sui banchi di scuola. E se vedo ogni tanto accendersi una luce negli occhi di chi mi ascolta, allora resto fissa sulla strada che porta al varco. Si tratta sempre di qualcosa di bello, di semplice. Resto poi sorpresa quando sento che i miei adorati adolescenti cantano le canzoni dei “miei tempi”, quando apprendo che vedono i film di “una volta”, quando insomma scopro che hanno i miei stessi bisogni di risposte vere. E non si tratta per una buona volta di omologazione, ma di unicità nel cammino verso la felicità.
ricciòla